Nonostante le tue migliori intenzioni e i tuoi sforzi, a dispetto dei tuoi buoni propositi per questo 2021, è inevitabile: a un certo punto, sbaglierai qualcosa.
Gli errori possono essere difficili da digerire, quindi a volte "bariamo" con noi stessi piuttosto che affrontarli. Il nostro pregiudizio di conferma (confirmation bias) entra in gioco, inducendoci a cercare prove per dimostrare ciò in cui già crediamo: l'auto cui hai tagliato la strada ha una piccola ammaccatura sul paraurti, il che ovviamente significa che il tamponamento è colpa dell'altro guidatore.
Gli psicologi chiamano questo fenomeno dissonanza cognitiva: il disagio e lo stress che sperimentiamo quando abbiamo due pensieri, convinzioni, opinioni o atteggiamenti contraddittori. Ad esempio, potresti credere di essere una persona gentile e onesta, quindi quando tagli bruscamente la strada a qualcuno, provi "dissonanza". Per "continuare sulla tua strada" tranquillamente, neghi il tuo errore e ti convinci che l'altro guidatore avrebbe dovuto vederti, o che avevi tu il diritto di precedenza, o roba simile.
La dissonanza cognitiva è ciò che proviamo quando il concetto di sé - sono intelligente, gentile, sono sicuro delle mie convinzioni - è minacciato dalle prove che abbiamo fatto qualcosa che non era intelligente, che abbiamo fatto qualcosa che ha ferito un'altra persona, o che quella convinzione non era poi così fondata.
La dissonanza cognitiva, dunque, minaccia il nostro senso del Sé. Per ridurre la dissonanza, dobbiamo modificare il concetto di sé o "accettare le evidenze". Indovinate quale percorso tendiamo a preferire?
C'è anche una terza strada: "giustificare" l'errore. Lo psicologo Leon Festinger ideò la teoria della dissonanza cognitiva negli anni '50 imbattendosi in un piccolo gruppo religioso convinto che un disco volante avrebbe salvato i suoi membri da un'apocalisse il 20 dicembre 1954. Nel libro "Quando la profezia non si avvera", Festinger scrisse che il gruppo risolse la dissonanza convincendosi che Dio aveva semplicemente cambiato idea e deciso di risparmiare i suoi affezionatissimi fedeli.
Insomma, quando riconosciamo di aver sbagliato non stiamo a nostro agio, la dissonanza è scomoda e siamo motivati a silenziarla. D'altra parte, uno studio, pubblicato sull'European Journal of Social Psychology, ha riportato che le persone che si rifiutavano di scusarsi dopo un errore avevano un maggiore senso di autostima e controllo rispetto a coloro che ammettevano a se stessi e agli altri di aver preso una cantonata.
C'è un però: sentirsi "potenti" può essere un vantaggio interessante a breve termine, ma ci sono conseguenze nel lungo periodo. Rifiutarsi di chiedere scusa potrebbe potenzialmente mettere a repentaglio la fiducia su cui si basa una relazione - hanno affermato gli autori dello studio - sottolineando anche il rischio di alimentare il conflitto e di favorire potenziali ritorsioni. Inoltre, quando ti rifiuti di ammettere i tuoi errori, sei anche meno aperto a critiche costruttive che possono essere d'aiuto nell'affinare le tue abilità, correggere le cattive abitudini e migliorare te stesso in generale.
Il primo passo, allora, è riconoscere la dissonanza cognitiva "in azione". La tua mente farà di tutto per preservare il tuo senso di identità e coerenza, quindi "allenati" ad accorgerti dei segnali di "dissonanza in corso". In genere si manifesta con confusione, stress, vergogna o senso di colpa. Questi stati mentali non significano necessariamente che tu abbia torto, tuttavia puoi usarli come promemoria per esplorare la situazione da una prospettiva diversa.
In fondo, errare può significare anche "vagare" creativamente, sperimentando così strade nuove.