Immaginiamo il percorso terapeutico come una scorrevole autostrada appena asfaltata, che percorriamo su una macchina sportiva, la musica che ci piace sprigionata dallo stereo, alla scoperta del nostro mondo interiore. Lungo il viaggio, però, ci imbattiamo in una di quelle strade sterrate polverose, costellate da buche spacca-copertoni, fuori fa troppo freddo o troppo caldo e il climatizzatore non funziona.


OK, sono due estremi, ma ci aiuta a immaginare l'irregolarità - talvolta ciclica - del percorso in terapia: ora procediamo spediti, ora arranchiamo, ora stiamo da Dio, ora ci sentiamo degli imbecilli.



Capita inoltre che, durante un tratto di autostrada, guardiamo dallo specchietto retrovisore e malediciamo la strada sterrata che ci aveva appena rallentato e fatto sudare, impegnati a schivare buche, accecati dal sole o dalla pioggia, la musica sovrastata dal fragore delle ruote sul manto stradale dissestato. Malediciamo l'incontro con la sofferenza, il sudore, il pianto, le anomalie del viaggio. Ci giudichiamo impietosamente per quegli errori e debolezze che guardiamo con stizza e a cui preferiremmo "l'idiozia della perfezione". In quei momenti sciagurati preferiremmo essere come le cipolle che, uguali a loro stesse, rimangono stabili e coerenti nel loro essere cipolle dallo strato più superficiale a quello più interno.


Ma fortunatamente, in quella macchina, lungo le strade sempre diverse della terapia, non siamo soli. E non siamo cipolle.


La cipolla, per la poetessa Wisława Szymborska, è un'altra cosa...


La cipolla è un’altra cosa.

Interiora non ne ha.

Completamente cipolla

Fino alla cipollità.

Cipolluta di fuori,

cipollosa fino al cuore,

potrebbe guardarsi dentro

senza provare timore.


In noi ignoto e selve

di pelle appena coperti,

interni d’inferno,

violenta anatomia,

ma nella cipolla – cipolla,

non visceri ritorti.

Lei più e più volte nuda,

fin nel fondo e così via.


Coerente è la cipolla,

riuscita è la cipolla.

Nell’una ecco sta l’altra,

nella maggiore la minore,

nella seguente la successiva,

cioè la terza e la quarta.

Una centripeta fuga.

Un’eco in coro composta.


La cipolla, d’accordo:

il più bel ventre del mondo.

A propria lode di aureole

da sé si avvolge in tondo.


In noi – grasso, nervi, vene,

muchi e secrezione.

E a noi resta negata

l’idiozia della perfezione.

Postato Domenica 19 aprile 2020